L’esecuzione forzata

L’esecuzione forzata è un procedimento mediante il quale il creditore mira a soddisfare coattivamente il proprio credito nei confronti del debitore.

Nello specifico, il procedimento di esecuzione forzata ha come obiettivo, preliminarmente creare un vincolo sui beni del debitore in modo tale che egli non possa sottrarli alla garanzia del creditore e successivamente procedere alla vendita dei suddetti beni al fine di soddisfare il credito con le somme ricavate.

Qualora il Fisco ritenga di vantare un credito nei confronti del contribuente non può direttamente procedere ad aggredire i beni del cittadino, ma deve preliminarmente munirsi di un titolo esecutivo.

Il titolo esecutivo è l’atto presupposto all’esecuzione forzata: se l’Amministrazione non ha un titolo esecutivo non può iniziare l’esecuzione forzata.

Il titolo esecutivo

Prima del 2011, il titolo esecutivo era soltanto il ruolo che veniva portato a conoscenza del contribuente mediante la notificazione della cartella di pagamento. Mentre a partire dal primo ottobre 2011, anche gli avvisi di accertamento sono esecutivi (seppur limitatamente a determinati tributi). conseguentemente non è necessario, per procedere, all’esecuzione e all’aggressione dei beni del contribuente, l’iscrizione a ruolo delle somme e la successiva notifica della cartella esattoriale.

Quindi se viene notificata la cartella di pagamento o l’avviso di accertamento esecutivo è possibile che il contribuente che non abbia adempiuto al pagamento dell’importo richiesto, possa subire l’avvio di un’azione esecutiva.

Nonostante ciò, sia nel caso in cui venga notificato un avviso di accertamento sia nell’ipotesi in cui venga notificata una cartella esattoriale, il contribuente può agire in giudizio per l’annullamento degli atti con l’assistenza di un difensore.

Esecuzione oltre un anno dal titolo esecutivo

L’Amministrazione finanziaria trascorso più di un anno dalla notificazione del titolo esecutivo, non può procedere immediatamente all’esecuzione forzata. Prima di procedere deve piuttosto notificare un’intimazione di pagamento. A questo punto il contribuente ha altri 5 giorni per pagare il debito, al fine di evitare l’esecuzione. In alternativa, egli può decidere di impugnare in giudizio l’intimazione e, se ritiene di non avere mai ricevuto gli atti presupposti (cartella di pagamento o avviso di accertamento), può impugnare anche questi ultimi insieme all’intimazione di pagamento.

In ogni caso in cui il contribuente agisca in giudizio, può evitare che il Fisco proceda nelle more all’esecuzione forzata chiedendo al giudice la tutela cautelare.

In particolare, dimostrando la fondatezza della propria pretesa e l’eventualità di un danno grave ed irreparabile, il contribuente può ottenere dal giudice una pronuncia che sospenda gli effetti degli atti, in modo tale da precludere all’Esattore di procedere ad esecuzione durante il giudizio.

Prima di procedere ad esecuzione, al fine di avere una garanzia, l’Agente della riscossione potrebbe iscrivere ipoteca o disporre il fermo dei beni mobili. Entrambi sono provvedimenti che il contribuente, con l’assistenza di un difensore, può impugnare davanti la Corte di giustizia tributaria al fine di ottenerne l’annullamento. I vizi che è possibile eccepire sono diversi.

Ad esempio, se è stata notificata la comunicazione di iscrizione ipotecaria, ma questa non è stata preceduta da apposita comunicazione preventiva di ipoteca (ossia un atto che ti avvisa della successiva iscrizione ipotecaria) l’atto di iscrizione ipotecaria è annullabile.

E se invece viene iniziata l’esecuzione?

Non è detta l’ultima parola. Il primo atto dell’esecuzione forzata è il pignoramento. Contro il pignoramento è possibile proporre opposizione presso il giudice dell’esecuzione, ma è necessaria l’assistenza di un avvocato (altri professionisti non sono abilitati alla difesa dinanzi al giudice ordinario). 

Se invece il contribuente lamenta la mancata notificazione del titolo esecutivo (ad esempio viene notificato un pignoramento senza la preventiva notificazione della cartella di pagamento) il ricorso viene proposto dinanzi al giudice tributario.